Scontri stradali: E’ arrivata la strage annunciata, +2,5%

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Approvare immediatamente le misure proposte dall’Anci, prima di tutto i 30 km⁄h

Roma, 6 novembre 2013 – Si è verificato ciò che prevedevamo. I dati sulla mortalità stradale, resi noti oggi dall’Aci e dall’Istat, mostrano impietosamente la cruda realtà: il +2,5% di ciclisti morti in strada, in presenza di una generale diminuzione dell’incidentalità e della mortalità che ne consegue, mostra l’effetto dell’inerzia di TUTTE LE ISTITUZIONI, nessuna esclusa, nella gestione di un evento epocale per l’Italia, ovvero l’avvio della demotorizzazione e la ripresa della circolazione ciclistica. Aumentano i ciclisti, le condizioni della circolazione stradale sono invariate: risultato, aumentano i morti in bici. E tutti, al 100%, uccisi da chi usa le automobili.

Nel 2012 sono stati registrati 186.726 sinistri con lesioni a persone (-9,2% rispetto all’anno precedente), che hanno causato 3.653 morti (-5,4%) e 264.716 feriti (-9,3%). Ogni giorno durante il 2012, si sono verificati in media 512 incidenti stradali, che hanno comportato lesioni alle persone e in particolare, la morte di 10 individui e il ferimento di altri 725. Tra il 2001 e il 2012 -afferma il rapporto- gli incidenti stradali con lesioni a persone sono passati, infatti, da 263.100 a 186.726, con un calo complessivo del 29%, i morti, invece – conclude il rapporto- sono passati da 7.096 a 3.653 (-48,5%) e i feriti da 373.286 a 264.716 (-29,1%).

In presenza di questi macrodati, sicuramente positivi, colpisce l’aumento dei morti tra chi ha scelto la bicicletta. Secondo il rapporto “rispetto al 2011, aumentano del 2,5% i conducenti di biciclette vittime di incidenti stradali e del 2,7 % i feriti. Va rilevato -si legge nel rapporto- che la proporzione di donne decedute alla guida di una bicicletta, sul totale delle conducenti morte in incidenti stradali, è più elevata rispetto alla stessa percentuale calcolata per gli uomini (10,4% e 19,3 % rispettivamente per gli uomini e per le donne)”.

L’aumento costante di ciclisti quotidiani, che oggi ammontano a circa 5 milioni, rende ancora più amaro il dato reso noto oggi. Dal 28 aprile 2012, in cui 50.000 ciclisti ai Fori Imperiali chiesero -in totale autonomia da associazioni o organizzazioni: una manifestazione organizzata dal basso- più sicurezza sulle strade italiane. Ebbene, da allora niente è cambiato e tutto è semmai peggiorato: all’attivismo quasi emergenziale dimostrato da una quota sempre crescente di cittadini, abbandonati da decenni da istituzioni e organizzazioni di settore, ha corrisposto la tradizionale inerzia istituzionale italiana.

Non siamo disposti a fare da vittime sacrificali sull’altare ormai obsoleto di una motorizzazione di massa che fu civiltà solo nel dopoguerra, e che dagli anni ’70 a oggi è la principale responsabile di un disastro urbano e sociale che ormai è sotto gli occhi di tutti. Ripetiamo per l’ennesima volta che l’assenza di misure rapide per domare un traffico assassino significa esserne complice. Ogni tipo di istituzione deve attivarsi immediatamente per un rovesciamento della situazione. In questo senso stimoliamo il potere legislativo ad approvare IMMEDIATAMENTE le proposte recentemente avanzate dall’Anci per una modifica radicale del codice della strada, a partire dal limite massimo in città di 30 km/h, che non deve essere disgiunto dalle altre misure, positive, individuate dall’associazione dei comuni italiani.