Bike Cafè #1: bikes VS cars

Il primo incontro del Bike Cafè ha affrontato l’annoso problema della conflittualità tra ciclisti e automobilisti. Tutti hanno partecipato al dibattito che sintetizziamo di seguito.

La discussione è nata da una domanda di Tom: è possibile far capire a chi guida l’auto che chi va in bici è un suo alleato perché in bici in più è un’auto in meno?

CICLISTI O CITTADINI?

Sembra che la dinamica conflittuale che ti porta ad odiare un altro utente e a ritenerlo un ostacolo si possa riprodurre anche in bici, dove pedoni, animali o altri veicoli a volte sono percepiti come un fastidio e un intralcio anche per chi va in bici. I gruppi identificati in categorie tendono a costruirsi intorno a sé stessi, a vittimizzarsi e a corazzarsi dietro un’etichetta: “ciclisti” VS “automobilisti” VS “pedoni” etc. Questa logica è inaccettabile, anche noi attivisti dovremmo figurarci non come ciclisti ma come cittadini, e interrompere la narrazione della categoria.

COMPETIZIONE VS COOPERAZIONE

Questo atteggiamento competitivo e di contrapposizione sembra far parte della nostra cultura: lo spazio è conteso e l’atteggiamento cooperativo scompare dietro la necessità di conquistarsi la propria fetta di strada e di spazio vitale.

Se si prende ad esempio la lotta per i diritti della comunità LGBT e la sua storia, capiamo che certi principi si sono affermati grazie all’emergere di una consapevolezza identitaria che però non deve contrapporsi come “migliore” o “opposta”, ma esaltare l’accettazione della diversità e dell’eterogeneità. Culturalmente, cioè che è diverso da noi ci ripugna, per cui l’unico antidoto possibile è la promozione del confronto, della conoscenza reciproca.

Un’attività potrebbe essere uno scambio di mezzi per una settimana: per una settimana un ciclista utilizza l’automobile per spostarsi e un automobilista utilizza la bici, e alla fine si confrontano le proprie esperienze.

ESPERIENZE DI CICLISTI CHE USANO L’AUTO

Tanti di noi oltre alla bici sono costretti a usare anche l’auto, qual è la loro esperienza? Cosa cambia quando si guida un mezzo a motore?

Anche se è vero che alcuni atteggiamenti sono culturali, pensiamo che il mezzo che si usa possa condizionare, per come funziona, per la sua velocità e dimensione, i comportamenti. C’è l’impressione che l’auto spinga alla prevaricazione perché isola l’utente e lo tiene lontano dagli altri. Così come quando si scrive sui social, la distanza fisica dagli altri aumenta l’aggressività e impedisce di vedere l’altro come una persona anziché come un nemico.

Il confronto dovrebbe servire a promuovere il diritto a stare bene fuori da ogni categoria.

Quando si utilizza l’auto sembra ci si senta meno portati a solidarizzare con i suoi simili, in competizione con tutti a causa dell’isolamento fisico e della scarsità di spazio che deve affrontare. Andando veloci non c’è il tempo di capire e di entrare in relazione con il prossimo. La libertà dell’altro è un fastidio e un ostacolo.

Il rettilineo è nemico della relazione, perché senza ostacoli non ci orientiamo e perdiamo il contatto con la realtà (come alcune sonde).

I TEMPI DI VITA

Le recenti affermazioni del Sindaco in merito all’opportunità di abolire le preferenziali autobus ci fanno preoccupare. Qual è l’immagine del tempo speso mentre ci si sposta? Parlare di risparmio di minuti come “resituzione dei tempi di vita” significa non offrire alcuna alternativa all’uso dell’auto ma solo l’illusione di poter migliorare la qualità della propria vita senza mettere in discussione nulla. In questo modo anziché favorire le persone si favoriscono comportamenti sbagliati. Non si promuove la consapevolezza di come il tempo viene speso. Usare il bus significa avere tempo di parlare con gli altri, magari i nostri stessi figli, invece di zittirli perché siamo concentrati alla guida.

Invece di operare dei cambiamenti, ci si vuole illudere che sia pensabile continuare a convivere con il progressivo aumento del livello tumorale del nostro stile di vita.

La politica ha bisogno di consenso, come attivisti dobbiamo portare avanti i nostri temi spiegando alle persone perché il cambiamento è l’unica strada per rafforzare la nostra società di fronte all’impoverimento e alla disgregazione sociale.

TENACIA E CONSAPEVOLEZZA

Spesso a parole sono in tanti ad essere contrari a pedonalizzazioni, limitazioni del traffico e cambiamenti, ma poi tutti ssarebbero felici di vivere in una città con meno traffico e rumore. Agiamo in preda a paure e non sulla base di condizioni precise e razionali. Dobbiamo portare le persone a rispondere alla domanda “in quale città vuoi vivere?” e quindi agire di conseguenza. In quest’ottica, le sperimentazioni delle Zone 30 sono un’ottima strategia, perché consentono alle persone di sperimentare, senza la paura di perdere qualcosa, una condizione nuova, e di accettarla e apprezzarne i vantaggi.

Dobbiamo continuare a discutere, aumentare il livello della consapevolezza di tutti anche sul tema della mobilità, trovando nuovi linguaggi, strategie e occasioni di confronto. Aggressività e competizione impediscono al nostro interlocutore di comprenderci, per cui evitiamo sempre di scontrarci. L’unica strada è l’incentivo dei comportamenti positivi e la perseveranza. Se notiamo un parcheggio abusivo o un sopruso, non accontentiamoci di sbraitare contro l’autore: insistiamo a chiamare la Polizia Municipale, a far presente il problema a chi ne è responsabile.

Siamo sicuri che chi usa la bici abbia lui stesso consapevolezza di essere un veicolo, e di avere determinati diritti?

A Bologna ci sono 50.000 persone che usano la bici, iniziamo a lavorare su di loro per costruire una classe di utenti informata, attiva, capace, gli altri ci seguiranno!

Grazie a tutti quelli che hanno partecipato!

Il prossimo Bike café sarà giovedì 2 febbraio alle 19.30 al BrewDog Pub, in via SanValentino 1/f (zona Pratello).

Il tema sarà l’ultimo punto della discussione: come aumentare la consapevolezza dei propri diritti per tutti coloro che usano la bici.